Dalla Diga del Gleno a Casamicciola
Vilminore di Scalve, 1° dicembre 1923, ore 07:15. Era sabato, pioveva ormai da diversi giorni. C’era chi si trovava in chiesa e stava seguendo la messa, chi faceva colazione e si stava preparando per andare a scuola. C’era chi stava lavorando e chi ancora stava dormendo. Era un giorno qualunque, come tanti altri.
Improvvisamente, un rumore fortissimo ha squarciato la quotidianità di quel giorno qualunque ed una montagna d’acqua e sassi ha travolto tutto ciò che ha trovato sul suo percorso, lasciando alle spalle morte e miseria.
Casamicciola Terme, 26 novembre 2022. Era sabato, pioveva ormai da alcuni giorni. C’era chi stava lavorando e chi ancora stava dormendo. Era un giorno qualunque, come tanti altri.
Dopo quasi cent’anni, risuonano nuovamente le stesse parole: morti, incuria, imperizia e mancati controlli.
” Da Pianezza ai ruderi della Diga del Gleno e sino al rifugio Tagliaferri, in quella lunga scarpinata orobica che mi ha consentito di riflettere su quel triste 1° dicembre 1923 e su quanto appena avvenuto a Casamicciola Terme “
Descrizione del percorso
Lasciamo l’autovettura nel parcheggio antistante la chiesa di Pianezza, in Vilminore di Scalve, ed imbocchiamo il sentiero che parte appena dietro le prime case. Ci troviamo sul segnavia 411 CAI che subito inasprisce la sua pendenza attraverso ripidi gradini che ci allontanano dall’abitato.
Raggiunta una soprastante baita ben ristrutturata, proseguiamo a destra ed imbocchiamo la larga mulattiera che, ora su terreno pianeggiante, raggiunge la località Fonc dove troviamo altre indicazioni sentieristiche ed un primo pannello turistico. Proseguiamo in direzione della Diga ed il Lago del Gleno, continuando a camminale lungo la mulattiera.
La pendenza torna ad inasprirsi, numerosi e stretti tornanti fiancheggiano la condotta dell’acqua e ci consentono di guadagnare quota molto velocemente.
Raggiunta la località di Pagarulì, lasciamo a destra la direzione per la baita Napoleù e proseguiamo verso sinistra con direzione della Diga del Gleno.
Il sentiero è ora pianeggiante; si allunga tortuoso fiancheggiando a destra le ripidi pareti della montagna mentre a sinistra si spalanca sulla sottostante val di Dezzo. Questo tratto è tortuoso, entra ed esce dalle pieghe della montagna, sino a quando, passata una delle ultime rientranze, improvvisamente compare in lontananza la Diga del Gleno con quell’evidente sfregio, quello squarcio centrale causa dei terribili avvenimento del 1° dicembre 1923.
Molto velocemente raggiungiamo quello che allora era il villaggio degli operai e, poco oltre, i ruderi dello sbarramento che, imponenti e rivolti verso il cielo, sembrano due mani che chiedono perdono.
Attraversiamo la pedana metallica sino a raggiungere la destra orografica del Lago del Gleno. L’escursione potrebbe anche terminare qui, sulla riva del lago, dirimpetto alla Presolana, in questo paradiso naturale che tanto stride con i resti di ferro e cemento che simboleggiano il disastro ma che sono anche il monito affinché quanto accaduto non possa mai più ripetersi.
Se desideriamo proseguire sino al rifugio Tagliaferri, imbocchiamo il sentiero 410 CAI e, lasciato alle spalle il bacino, abbandoniamoci totalmente all’immensità della Val del Gleno. Il sentiero prosegue con leggeri saliscendi nell’ampio pianoro orobico, fiancheggiando l’omonimo torrente che da il nome alla vallata; oltrepassata la Baita di Mezzo, però, riprendiamo la faticosa salita superando un evidente costone roccioso.
Proseguiamo attraversando la valletta e, tralasciata a sinistra la deviazione per il Passo Bondione, risaliamo con un ultimo strappo sino ai 2518 metri del Passo di Belviso, pulpito panoramico sul Pizzo Tornello, la Presolana ed il Ferrante, sul monte Gleno ed oltre.
Oltrepassato il passo di Belviso, seguiamo lungo il segnavia 410 CAI che scende nel ghiaione per poi risalire subito dopo. Ci troviamo molto più in alto del rifugio Tagliaferri ma non manca poi molto.
Imbocchiamo il sentiero che scende repentino, sino a raggiungere il sottostante sentiero proveniente dal Pizzo Tornello che lasciamo a destra; pieghiamo invece a sinistra e, superato il breve tratto con catene, ecco raggiunto il Tagliaferri che con i suoi 2328 metri di altitudine è il più alto rifugio delle Orobie bergamasche.